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TU CHE SEI PARTE DI ME: AMORE E MICROCHIMERISMO

Tu che sei parte di me: non è solo espressione di romanticismo e tenerezza che molto spesso ci troviamo a dedicare ai nostri affetti più forti, ma oggi trova conferma anche da parte della scienza.

Provare amore per qualcuno o per qualcosa è la cosa più naturale e spontanea che esiste. Sappiamo che è un sentimento profondo, intenso, che ti fa spostare le montagne, ti motiva, ti rende felice.

Eppure, se entrassimo nello specifico, chiedendo di definire nei dettagli cos’è, le cose si complicano.

Anche sentendo, provando un forte sentimento, non sempre o non del tutto le parole riescono a identificarlo o costringerlo in una definizione precisa.

Ci ha provato il fisico e premio Nobel, Paul Dirac, ancora 24enne, a sintetizzare il concetto in una, apparentemente poco poetica, famosa formula:

(∂+m)ψ=0

In sintesi, senza scendere in spiegazioni complicate e incomprensibili per la quasi totalità degli individui, il concetto è:

“Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possono più essere descritti come due sistemi distinti, ma diventano un unico sistema”.

Uniti per sempre!

Con il tempo però, si è compreso che in realtà l’equazione contiene due errori: il primo riguarda il fatto che questo concetto è valido solo per i sistemi microscopici e l’atro è legato ad un errore nell’esposizione stessa della formula. Ma continua ad essere definita universalmente una delle più belle della storia della fisica.

Forse l’amore non si lascia imbrigliare in una equazione e resta sfuggente e misterioso.

Anche perché è un concetto talmente ampio. Si prova amore per un compagno, per una sorella, per un animaletto, per la natura.

Per un figlio!

Come fai a spiegare l’amore della mamma per il figlio? Come fai a spiegare quel legame indissolubile che si genera e che li mantiene connessi qualunque cosa accada? Per sempre. Tu che sei parte di me: ritorna!

Premetto che, pur trattando l’argomento guardando alle scoperte scientifiche, per me mamma non significa solo la persona che partorisce un figlio, come non definisco mamma una persona solo perchè ha partorito, ma poi lascia una bambina di 18 mesi in casa da sola per tre giorni lasciandola morire, come la triste cronaca ci ha raccontato pochi mesi fa. Detto ciò, Il ‘ tu che sei parte di me resta profondamente valido e non solo.

La scienza ha constatato che può addirittura essere scritto come: TU CHE RESTI PARTE DI ME!

Questo è stato dimostrato nel 2019 dalla fisiologia e la biologia che grazie agli studi sul processo del Chimerismo e Microchimerismo: fenomeno che naturalmente avviene tra madre e figlio nel corso della gestazione. Un fenomeno biologico, reale, tangibile, ma anche romantico e sentimentale.

Si! Perchè questo meccanismo ha messo in evidenza come le cellule dei figli restano nel corpo della madre anche quando i suoi figli sono maggiorenni o sposati.

Sconvolgente!

Nella mitologia greca, CHIMERA era mostro con testa e corpo di leone, una seconda testa di capra sulla schiena e una coda di serpente. Nonostante l’etimologia del termine, in genetica quando si parla di chimerismo si intende, invece, molto di più: la presenza di piccole popolazioni di cellule geneticamente distinte nello stesso individuo.

Facciamola semplice: nel corpo di un individuo si trovano cellule di un altro individuo. Questo accade tra mamma -figlio.

Nel corso della gestazione avviene uno scambio reciproco tra cellule del feto e della mamma e questo processo viene definito microchimerismo materno e microchimerismo fetale.

Questo scambio è quindi bidirezionale, ma non simmetrico.

Sono molto più numerose le cellule della madre che raggiungono il feto?

No! E’esattamente il contrario!

E’ più spiccato il processo di microchimerismo fetale.

Si è dimostrato che nelle donne, nel corso della gravidanza, il numero delle cellule chimeriche fetali aumenti e che queste si distribuiscano differentemente nel corpo ed in particolare in alcuni organi: fegato, reni, polmoni e cuore.

Dopo la nascita, la mamma, tramite un processo di apoptosi, cioè morte cellulare, elimina la maggior parte di queste cellule fetali.

Ma non tutte.

E qui viene il bello!

Queste cellule residue attraverso il sangue si vanno posizionare nei vari organi, in particolare nei polmoni, milza, fegato e… nel midollo, nel cuore e nel cervello. Ci rendiamo conto?

E’ possibile rilevare la presenza di queste cellule a partire dalla settima settimana di gestazione, ma soprattutto: sono ancora lì dopo trent’anni.

Ed è probabile che rimangano nel corpo della mamma per tutta la vita della donna.

A cosa servono? E’ strabiliante.

Oltre a determinare l’aumento della produzione e qualità di latte, l’aumento della temperatura corporea permettendo un notevole risparmio energetico al feto, sembrano avere un’azione protettiva e riparatrice così che la madre possa prendersi cura del suo bambino e sembrano essere coinvolte addirittura nel processo di attaccamento madre-figlio.

Molti studi devono essere fatti per conoscere tutti i meccanismi, ma ciò che le donne sentono da sempre non è solo legato ad un sentimento, ma è anche fortemente influenzato dalla biologia.

Tu sarai sempre parte di me: è proprio così!

 

Michela Fazzito
CEO Mission Empathy

29/06/2023